Approfondimenti

LIMITI ALLE DELEGHE NEGLI ETS DI PICCOLE DIMENSIONI?

  1. Premessa

La Regione Molise aveva sollevato una possibile problematica inerente gli statuti delle associazioni di tipo ODV ed APS di piccole dimensioni, nei quali veniva comunque optato per il conferimento ad ogni singolo associato fino ad un massimo di tre deleghe, ai sensi dell’art. 24, comma 3, CTS.

Questa evenienza, secondo il richiedente, potrebbe determinare un pregiudizio alla democraticità interna dell’Ente. Difatti, nel caso limite in cui l’Ente sia costituito da sole sette persone, ciò significherebbe affidare ad una sola persona la determinazione degli indirizzi associativi.

Motivo per cui si chiedevano chiarimenti alla Direzione Generale del Terzo Settore, affinché venisse specificato se in situazioni del genere le Regioni dispongano del potere di rifiutare la richiesta di iscrizione dell’Ente agli attuali registri, per mancato rispetto del principio di democraticità.

  1. La nota prot. 5093 del 30 maggio 2019

La Direzione Generale, attraverso la nota in commento, “non ritiene che l’amministrazione preposta possa condizionare l’accettazione di uno statuto di una piccola o piccolissima associazione alla previsione di un numero di deleghe inferiori a quello massimo consentito dalla legge”.

In altre parole, il Ministero conferma che anche le associazioni di tipo ODV ed APS costituite da un numero minimo di persone fisiche (pari a sette) possano prevedere all’interno del proprio statuto la possibilità di conferire ad ogni associato fino ad un massimo di tre deleghe. Senza che ciò impedisca loro di essere iscritte negli appositi registri, ove sussistano tutte le altre condizioni imposte dalla normativa.

La soluzione prospettata viene poggiata su due tipologie di argomentazioni.

Anzitutto, sotto il profilo giuridico, si evidenzia che il medesimo art. 24, comma 3, CTS, rende espressamente applicabile in tale caso l’art. 2372 c.c., il cui comma 5 così recita: “la rappresentanza non può essere conferita…ai membri degli organi amministrativi o di controllo”.

Quindi, anche volendo riproporre il caso limite dell’associazione composta da sole sette persone, fra esse di regola tre faranno parte del consiglio di amministrazione e non potranno ricevere deleghe, con la conseguenza che ciò “dovrebbe poter scongiurare in radice il rischio paventato”.

In secondo luogo, e sotto un diverso profilo maggiormente pragmatico, viene evidenziato “come non si possa escludere, da un lato, che in concreto il numero di associati si incrementi in breve tempo (…); né, per contro, che i soci di una piccola associazione scelgano in concreto di partecipare personalmente alle vicende associative, soprattutto nella fase iniziale della vita dell’ente, evitando di delegare l’espressione del proprio voto a terze persone”.

In conclusione, nell’ambito delle soglie disposte dalla legge all’art. 24, comma 3, CTS, l’associazione “dovrebbe essere libera di decidere autonomamente se attenersi ad esse o derogarvi al ribasso”.

  1. Il dato normativo ed i possibili scenari futuri.

Alla luce dell’odierno quadro normativo, oltre a quanto rilevato sul piano giuridico dal Ministero, potrebbe essere aggiunto quanto segue.

Ad oggi la previsione della possibilità, per tutti gli Enti fino a cinquecento soci, che ogni associato possa ricevere fino ad un massimo di tre deleghe, trova esplicito riconoscimento all’art. 24, comma 3, CTS.

Dunque, l’Ente dotato di un esiguo numero di soci, in armonia con il dato legislativo può – legittimamente – prevedere tale evenienza. Ed in effetti, dal rispetto di una specifica norma del CTS non possono discendere conseguenze pregiudizievoli a suo svantaggio.

Ciò precisato, il caso portato all’attenzione del Ministero potrebbe essere idoneo ad incrinare, nella sostanza, il principio di democraticità interna dell’associazione. Difatti, sebbene valga la regola dell’incompatibilità di rilasciare delega in favore degli amministratori, è pur vero che, ad esempio, essi non hanno diritto di voto per le delibere di approvazione annuale del bilancio delle associazioni riconosciute. Ciò per espressa disposizione di legge (art. 21 c.c.).

Ne deriva che, nel caso dell’associazione con numero di soci pari a sette, e presupponendo che tre di essi siano membri del CDA, uno fra i restanti soci ha il potere di ricevere le deleghe da parte degli altri tre, con la conseguenza che una sola persona impegnerebbe la volontà dell’associazione in questa materia assai delicata.

Medesima questione potrebbe poi coinvolgere l’ipotesi dell’azione di responsabilità contro gli amministratori.

Ad ogni modo, qualora volessero essere scongiurati questi casi limite, si concorda con il Ministero sul fatto che oggi la normativa vigente non consente di porre alcun veto.

Salvo che non ci sia, in futuro, un ripensamento del dato legislativo, introducendo un’ulteriore rimodulazione del numero di deleghe rilasciabili dai soci all’interno delle associazioni di piccole o piccolissime dimensioni.