- Premessa.
L’art. 6 CTS consente agli ETS di svolgere attività diverse da quelle di interesse generale disciplinate dall’art. 5 ed oggetto di analisi nei precedenti articoli.
Tale facoltà, qualora legittimamente esercitata, consente all’ETS di poter beneficiare di preziosi introiti, pur sempre da finalizzare allo svolgimento delle preminenti attività sociali, stante il generale divieto di distribuzione diretta ed indiretta degli utili.
Il tutto, senza perdere la natura di ETS e continuando altresì a poter applicare la normativa fiscale agevolata prevista nel CTS anche in relazione agli introiti percepiti dallo svolgimento delle attività diverse.
- Le regole del CTS.
Dall’analisi della normativa generale può ricavarsi che le regole imposte valgono sotto un duplice profilo, sia astratto che concreto.
Dal punto di vista astratto, la condizione imprescindibile è che nell’atto costitutivo, ovvero nello statuto, sia espressamente consentito all’ETS di svolgere attività diverse rispetto quelle di interesse generale, e ciò purché esse rimangano secondarie e strumentali rispetto alle attività di interesse generale (art. 6 CTS).
Dal punto di vista concreto – di certo il versante maggiormente critico – occorre che le attività effettivamente esercitate dall’ETS siano conformi alle regole specificamente previste.
A tal proposito, occorrerà che l’ETS, in caso di ispezioni, controlli o verifiche, dimostri di essersi allineato ai criteri ed ai limiti normativi per l’esercizio, in modo strumentale e secondario, delle attività diverse, che secondo l’art. 6 CTS avrebbero dovuto essere definiti con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Cabina di regia di cui all’art. 97 CTS.
- Il decreto attuativo per lo svolgimento delle attività diverse.
Il summenzionato decreto attuativo, che a quanto risulta sarebbe stato già approvato dalla Cabina di Regia nel marzo 2019, stabilisce che affinché le attività diverse siano ritenute secondarie deve ricorrere almeno una delle due seguenti condizioni, entrambe relative ai ricavi dell’attività determinati nell’ambito di ciascun esercizio: essi, in alternativa, non devono superare il 30% delle entrate complessive dell’ETS, ovvero non devono superare il 66% dei costi complessivi dell’ETS.
L’art. 4 del suddetto Decreto, poi, prevede che nel caso di mancato rispetto dei predetti limiti, l’ETS dovrà effettuare una segnalazione all’Ufficio del Registro unico nazionale territorialmente competente, nonché eventualmente agli enti autorizzati ai sensi dell’articolo 93 del codice del Terzo settore, ed adottare, nell’esercizio successivo, un rapporto tra attività secondarie ed attività principali di interesse generale che sia inferiore alla soglia massima per una percentuale almeno pari alla misura del superamento dei limiti nell’esercizio precedente. In caso di omessa segnalazione o di mancato rispetto dell’obbligo di rientro, l’Ufficio del Registro unico nazionale competente dispone la cancellazione dell’ETS dal Registro stesso, ai sensi dell’art. 50 del CTS.
Ad ogni modo, ad oggi il Decreto non è stato ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale.
Ed in effetti, il procedimento per ottenere il parere da parte del Consiglio di Stato – sezione consultiva per gli atti normativi è stato sospeso all’esito dell’adunanza tenutasi il 16 gennaio 2020, in attesa di ricevere da parte de Ministero del Lavoro una serie di evidenze ed ulteriori elementi di conoscenza (Cons. Stato, sez. cons., Ord. 29 gennaio 2020, n. 248).
In primo luogo, il Consiglio di Stato ha segnalato che il Decreto non presentava la necessaria “bollinatura” da parte della Ragioneria di Stato.
In secondo luogo, lo stesso Ministero dell’economia e delle finanze, con nota del 22 maggio 2018 n. 5518, a firma del Capo dell’Ufficio legislativo – finanze, diretta al Ministero del lavoro delle politiche sociali, richiamando precedenti osservazioni formulate con nota del 18 aprile 2018, evidenziava l’eccessiva ampiezza, sotto il profilo tipologico, delle attività diverse esercitabili dagli ETS, anche e soprattutto in relazione agli effetti delle scelte operate in tema di compatibilità con l’assetto europeo.
Più nello specifico, dunque, la problematica è rappresentata dal fatto che «il decreto attuativo dell’articolo 6 del CTS, individuando criteri e limiti delle attività diverse, assume un proprio rilievo in quanto amplia l’ambito oggettivo (e soggettivo) di applicazione dei sistemi impositivi forfetari di cui ai citati artt. 80 e 86 e delle altre agevolazioni fiscali previste dal CTS, senza delimitare sufficientemente il parametro della strumentalità», e per tali ragioni si reputava necessario adottare «le previste misure preventive a garanzia della compatibilità comunitaria delle disposizioni in esame».
In definitiva, il procedimento propedeutico alla pubblicazione del Decreto in Gazzetta Ufficiale è stato sospeso, e si resta in attesa di ricevere – fra l’altro – comunicazioni circa l’ottenimento della preventiva autorizzazione della Commissione Europea ai sensi dell’articolo 101, comma 10, CTS, poiché anche l’assetto fiscale delle attività diverse si pone appieno fra le misure fiscali agevolative che necessitano dell’autorizzazione comunitaria.
In tema di svolgimento e fiscalità delle attività diverse degli Enti di terzo settore, dunque, dovrà continuare ad essere applicata, fino a data da destinarsi, la previgente normativa.