Approfondimenti

LE ATTIVITÀ DI INTERESSE GENERALE SECONDO IL CODICE DEL TERZO SETTORE (terza parte)

Continua con il presente approfondimento la sintetica disamina dell’elenco di attività ad interesse generale che il Codice del Terzo Settore ha effettuato all’art. 5, comma 1.

In particolare, in questo terzo contributo sul tema saranno oggetto di approfondimento le attività generali contemplate nelle lettere P-V.

 

  1. L’elenco delle attività di interesse generale di cui all’art. 5 CTS (lettere P-V)

Proseguendo il nostro percorso di approfondimento, saranno in questa sede oggetto di trattazione le attività di interesse generale contemplate nelle lettere che vanno dalla P alla V, le quali, lo ricordiamo, debbono essere svolte in via esclusiva o principale dagli Enti del Terzo Settore.

P)Servizi finalizzati all’inserimento o al reinserimento nel mercato del lavoro dei lavoratori e delle persone elencate all’art. 2, comma 4, D.lgs. n. 112 del 2017(c.d. Codice dell’Impresa Sociale).

Stando alla norma espressamente richiamata dal CTS, anzitutto rientrano fra le attività di interesse generale i servizi resi nei confronti di lavoratori molto svantaggiati ai sensi dell’articolo 2, n. 99, del regolamento UE n. 651/2014, ovverosia quei soggetti privi da almeno 24 mesi di impiego regolarmente retribuito. Stesso discorso vale per chi ne è privo da almeno 12 mesi, purché, in via alternativa:

– abbia un’età compresa tra i 15 e i 24 anni, oppure maggiore di 50;

– non possegga un diploma di scuola media superiore o professionale (livello ISCED 3);

– abbia completato la formazione a tempo pieno da meno di due anni e non abbia ancora ottenuto il primo impiego regolarmente retribuito;

– sia un adulto che vive solo con una o più persone a carico;

–  sia occupato in professioni o settori caratterizzati da un tasso di disparità uomo-donna che supera almeno del 25 % la disparità media uomo-donna in tutti i settori economici dello Stato membro interessato ed il lavoratore interessato appartenga al genere sottorappresentato;

– appartenga ad una minoranza etnica dello Stato membro in cui vive ed abbia la necessità di migliorare la propria formazione linguistica e professionale o la propria esperienza lavorativa per aumentare le prospettive di accesso ad un’occupazione stabile.

In secondo luogo, rientrano fra le attività di interesse generale i servizi resi nei confronti di persone svantaggiate o con disabilità indicate dall’art. 112, comma 2, D.lgs. n. 50 del 2016.

Per la norma in questione sono considerati soggetti con disabilità (v. art. 1, Legge 12 marzo 1999, n. 68):

a) le persone in età lavorativa affette da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali, ovvero i portatori di handicap intellettivo, che comportino una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45 %, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile in conformità alla tabella indicativa delle percentuali di invalidità per minorazioni e malattie invalidanti (il riferimento  alla tabella approvata dal Ministero della sanitàex 2 D.lgs. 23 novembre 1988, n. 509, sulla base della classificazione internazionale delle menomazioni elaborata dall’OMS);

b) le persone invalide del lavoro con un grado di invalidità superiore al 33 %, accertata dall’IINAIL in base alle disposizioni vigenti;

c) le persone non vedenti, cioè coloro che sono colpiti da cecità assoluta o hanno un residuo visivo non superiore ad un decimo in entrambi gli occhi (con eventuale correzione), oppure sordomute, cioè coloro che sono colpiti da sordità fin dalla nascita o comunque prima dell’apprendimento della lingua parlata (cfr. anche Legge 27 maggio 1970, n. 382, ss.mm., nonché Legge 26 maggio 1970, n. 381, ss.mm.;

d) le persone invalide di guerra, invalide civili di guerra e invalide per servizio, con minorazioni ascritte dalla prima all’ottava categoria ai sensi delle vigenti tabelle (sono gli allegati al T.U. in materia di pensioni di guerra, approvato con D.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, ss.mm.);

Ai sensi della medesima normativa (art. 1, Legge 12 marzo 1999, n. 68), sono qualificabili come persone svantaggiate quelle indicate dall’art. 4, Legge 8 novembre 1991, n. 381, ovverosia:

a)  gli ex degenti di ospedali psichiatrici, anche giudiziari;

b) i soggetti in trattamento psichiatrico;

c) i tossicodipendenti;

d) gli alcolisti;

e) i minori in età lavorativa in situazioni di difficoltà familiare;

f) le persone detenute o internate negli istituti penitenziari;

g) i condannati e gli internati ammessi alle misure alternative alla detenzione e al lavoro all’esterno ai sensi dell’art. 21, Legge 26 luglio 1975, n. 354.

Infine, le attività sono considerate di interesse generale qualora svolte a favore di beneficiari di protezione internazionale, ovverosia quei soggetti senza fissa dimora iscritti negli appositi registri, purché versino in una condizione di povertà tale da non poter reperire e mantenere un’abitazione in autonomia ai sensi del D.lgs. 19 novembre 2007, n. 251.

Q)Alloggio sociale, ai sensi del Decreto del Ministero delle Infrastrutture del 22 aprile 2008, nonché ogni altra attività di carattere residenziale temporaneo diretta a soddisfare bisogni sociali, sanitari, culturali, formativi o lavorativi.

Si segnala a tal proposito che accanto al c.d. housing sociale, già definito in via normativa, si introduce un ampliamento del campo delle attività di interesse generale relative a questa particolare tematica, che necessiterà di apposita delimitazione in via interpretativa.

R) Accoglienza umanitaria ed integrazione sociale dei migranti.

Nell’ambito di questa lettera, vista l’assenza di particolari vincoli o limitazioni, potranno ragionevolmente fare ingresso tutte quelle attività che si inseriscono nel sistema di prima e seconda accoglienza dei migranti, nonché tutti quei servizi successivi, purché siano caratterizzati dalla finalità della loro integrazione sociale in Italia.

Il riferimento, dunque, va in primis a tutti quegli Enti che svolgono attività nell’ambito degli HOTSPOT, nei centri di prima accoglienza, nei centri di accolgienza straordinaria (CAS), ovvero all’interno del Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati (SPRAR).

Altro quesito da sciogliere è se il riferimento generico al concetto di “migrante” possa essere comprensivo, oltreché del migrante c.d. forzato, anche di coloro che per migliorare la propria qualità di vita si recano dall’estero in Italia (c.d. migranti economici.

Stante l’ambiguità terminologica della definizione, infatti, potrebbe ragionevolmente essere ritenuta rientrante fra le attività del terzo settore quella rivolta all’integrazione sociale dei migranti, anche se economici. Viceversa, l’accoglienza umanitaria non potrebbe che essere esclusivamente collegata all’arrivo di migranti forzati nel territorio della Repubblica Italiana.

Su tali questioni, dunque, sarà interessante monitorare il tipo di opzione interpretativa che si consoliderà in futuro.

In ogni caso, va ricordato che l’accoglienza fornita nei confronti dei rifugiati e dei richiedenti asilo è un obbligo di legge sancito dall’art. 10 della Costituzione Italiana, oltreché dalla Convenzione di Ginevra del 1951 e dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.

S) Agricoltura sociale ai sensi dell’art. 2, Legge 18 agosto 2015, n. 141.

Il rinvio effettuato all’art. 2, Legge n. 141 del 2015 è di fondamentale importanza, in quanto consente di delimitare il piano oggettivo delle attività rientranti nel concetto di agricoltura sociale.

Anzitutto, dunque, si considerano attività di interesse generale tutte le attività esercitate da imprenditori agricoli (v. art. 2135 c.c.), sia in forma singola che associata.

In secondo luogo, sono contemplate anche le attività svolte dalle cooperative sociali (v. Legge 8 novembre 1991, n.  381), ma solo qualora le attività agricole effettuate siano prevalenti rispetto alle altre, o comunque quando esse superino il 30% delle attività complessivamente svolte (in questo secondo caso le cooperative sociali sono considerate operatori di agricoltura sociale soltanto nei limiti del fatturato agricolo).

In ogni caso, le attività realizzate dagli imprenditori agricoli o dalle cooperative sociali che possiedano i presupposti sopra richiamati (v. anche art. 2, comma 4, Legge 18 agosto 2015, n. 141), debbono essere dirette a realizzare:

a) inserimento socio-lavorativo di lavoratori con disabilità, di lavoratori svantaggiati, di persone svantaggiate, di minori in età lavorativa inseriti in progetti di riabilitazione e sostegno sociale;

b) prestazioni ed attività sociali e di servizio per le comunità locali mediante l’utilizzazione delle risorse materiali e immateriali dell’agricoltura per promuovere, accompagnare e realizzare azioni volte allo sviluppo di abilità e di capacità, di inclusione sociale e lavorativa, di ricreazione e di servizi utili per la vita quotidiana;

c) prestazioni e servizi che affiancano e supportano le terapie mediche, psicologiche e riabilitative finalizzate a migliorare le condizioni di salute e le funzioni sociali, emotive e cognitive dei soggetti interessati anche attraverso l’ausilio di animali allevati e la coltivazione delle piante;

d) progetti finalizzati all’educazione ambientale e alimentare, alla salvaguardia della biodiversità nonché alla diffusione della conoscenza del territorio attraverso l’organizzazione di fattorie sociali e didattiche riconosciute a livello regionale, quali iniziative di accoglienza e soggiorno di bambini in età prescolare e di persone in difficoltà sociale, fisica e psichica.

Precisiamo che ai sensi dell’art. 2, n. 4, del regolamento UE N. 651/2014, per lavoratori svantaggiati (nominati retro alla lett. a) debbono intendersi tutti quei soggetti che, in via alternativa:

– non abbiano un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi;

– abbiano un’età compresa tra i 15 e i 24 anni, oppure maggiore di 50;

– non posseggano un diploma di scuola media superiore o professionale (livello ISCED 3);

– abbiano completato la formazione a tempo pieno da meno di due anni e non abbiano ancora ottenuto il primo impiego regolarmente retribuito;

– siano adulti che vivono soli, con una o più persone a carico;

–  siano occupati in professioni o settori caratterizzati da un tasso di disparità uomo-donna che supera almeno del 25 % la disparità media uomo-donna in tutti i settori economici dello Stato membro interessato e i lavoratori interessati appartengano al genere sottorappresentato;

– appartengano ad una minoranza etnica dello Stato membro in cui vivono ed abbiano la necessità di migliorare la propria formazione linguistica e professionale o la propria esperienza lavorativa per aumentare le prospettive di accesso ad un’occupazione stabile.

T) Organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche.

Pur in mancanza di richiami normativi espliciti, vengono riconosciute come attività ad interesse generale quelle perseguite in via statutaria da tutte quelle associazioni aventi finalità sportive senza scopo di lucro. Si tratta delle c.d. Associazioni Sportive Dilettantistiche, finora conosciute con l’acronimo di “ASD”. L’elenco completo delle attività considerate come “sportive” viene tenuto ed aggiornato periodicamente dal CONI.

U) Beneficenza, sostegno a distanza, cessione gratuita di alimenti o prodotti, erogazione di denaro, beni o servizi a sostegno di persone svantaggiate o di attività che siano considerate di interesse generale.

A tal proposito segnaliamo che al fine di rientrare fra le attività generali contemplate nel CTS, la cessione gratuita di alimenti o prodotti deve essere effettuata in conformità con le prescrizione dettate dalla Legge n. 166 del 2016 recante “Disposizioni concernenti la donazione e la distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici a fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi”.

Viceversa, per la definizione di persone svantaggiate si rinvia a quanto già osservato retro, nel corso dell’analisi dell’art. 5, lett. P, CTS.

Infine, è importante rilevare che è considerata attività di interesse generale anche l’erogazione di denaro, beni o servizi a sostegno di attività del interesse generale.

V) Promozione della cultura della legalità, della pace tra i popoli, della nonviolenza e della difesa non armata.

In relazione a questo particolare settore, va evidenziata l’assenza di specifici riferimenti normativi.

Ad ogni modo, si ritiene che possano entrare nell’ambito di questa lettera tutte quelle attività divulgative di natura culturale che abbiano ad oggetto il valore della legalità, della pace tra i popoli, della nonviolenza e della difesa non armata.

Nel prossimo approfondimento verranno analizzate le attività di interesse generale contemplate all’art. 5, lett. da W a Z.