Approfondimenti

LE ATTIVITÀ DI INTERESSE GENERALE SECONDO IL CODICE DEL TERZO SETTORE (seconda parte)

Continua con il presente approfondimento la disamina dell’elenco delle attività di interesse generale contemplate all’art. art. 5, comma 1, CTS. In particolare, in questo secondo contributo sul tema saranno oggetto di approfondimento le lettere da H ad O.

 

L’elenco delle attività di interesse generale di cui all’art. 5 CTS (lettere H-O)

Come già detto nel primo contributo sul tema, il CTS, in armonia nonché in attuazione di quanto previsto a suo tempo dalla Legge Delega, fornisce all’art. 5 un corposo elenco delle varie attività di interesse generale che gli ETS debbono esercitare in via esclusiva o principale.

Continuando il percorso di approfondimento, saranno ora oggetto di trattazione le seguenti attività, contemplate dalle lettere che vanno dalla H alla O.

 

H)Ricerca scientifica di particolare interesse sociale.

In relazione a tale tematica, va precisato che la pregressa normativa speciale in ambito ONLUS annoverava già la ricerca scientifica di particolare interesse sociale fra le attività meritevoli di specifica tutela (Art. 10, comma 1, lettera a, n. 11, D.lgs. n. 460 del 1997).

Ma il CTS, pur confermando siffatta attività di interesse generale, non effettua alcun richiamo al contenuto del D.P.R. 20 marzo 2003, n. 135, che era stato adottato proprio al fine di specificare cosa dovesse intendersi per “Ricerca scientifica di particolare interesse sociale”.

In particolare, ai sensi dell’art. 2, comma 1, del suddetto D.P.R., venivano elencate le attività di ricerca svolte nei seguenti ambiti: prevenzione, diagnosi e cura di tutte le patologie dell’essere umano; prevenzione e limitazione dei danni derivanti da abuso di droghe; studio delle malattie ad eziologia di carattere ambientale; produzione di nuovi farmaci e vaccini per uso umano e veterinario; metodi e sistemi per aumentare la sicurezza nella categoria agroalimentare e nell’ambiente a tutela della salute pubblica; riduzione dei consumi energetici; smaltimento dei rifiuti; simulazioni, diagnosi e previsione del cambiamento climatico; prevenzione, diagnosi e cura di patologie sociali e forme di emarginazione sociale; miglioramento dei servizi e degli interventi sociali, sociosanitari e sanitari.

Ad ogni modo, ciò non toglie che, al fine di delimitare in via interpretativa le attività di ricerca scientifica di particolare interesse sociale, si possano tenere in considerazione i principi espressi dal D.P.R. 20 marzo 2003, n. 135, sebbene esso sia stato emanato in attuazione di una vecchia disciplina legislativa destinata a perdere efficacia.

I) Organizzazione e gestione di attività culturali, artistiche o ricreative di interesse sociale, editoriali, di promozione e diffusione della cultura e della pratica del volontariato e delle attività di interesse generale.

Nell’ambito dell’elenco richiamato dalla norma, possono essere distinte le seguenti attività:

x) culturali, artistiche e ricreative;

y) editoriali;

z) di volontariato.

Al di là della – non chiara – formulazione lessicale, sembrerebbe ragionevole ritenere che tutte le attività citate all’interno della lettera I debbano comunque assumere i connotati dell’interesse sociale.

Inoltre, sono tutelate anche le azioni dirette ad organizzare e gestire culturali, artistiche, ricreative ed editoriali, nonché quelle di promozione e diffusione della cultura e della pratica del volontariato.

Infine, mediante la clausola finale, il Legislatore sembra aver optato per estendere la disciplina del CTS a tutti quegli Enti che intendano promuovere e diffondere una o più attività considerate di interesse generale.

Vista l’assenza di criteri orientativi di massima sul concetto di “interesse sociale”, sarà l’opera interpretativa a giocare un ruolo essenziale per la delimitazione del perimetro oggettivo delle attività consentite, anche sulla scorta dell’esperienza maturata in passato.

Viceversa, stando alla definizione precedentemente fornita dalla Legge 11 agosto 1991, n. 266 (c.d. Legge-quadro sul volontariato), per volontariato si intendeva quell’attività “prestata in modo personale, spontaneo, gratuito, tramite l’organizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini di lucro anche indirettamente ed esclusivamente per fini di solidarietà”. Sebbene siffatta normativa sia destinata ad essere completamente abrogata dal CTS, sembra assai opportuno continuare ad inspirarsi a tali principi per la definizione del concetto.

J)Radiodiffusione sonora a carattere comunitario, ai sensi dell’art. 16, comma 5, Legge n. 223 del 1990.

In particolare, si rammenta che l’art. 16, comma 5, Legge n. 223 del 1990, prevede che “la radiodiffusione sonora a carattere comunitario è caratterizzata dall’assenza dello scopo di lucro ed è esercitata da fondazioni, associazioni riconosciute e non riconosciute che siano espressione di particolari istanze culturali, etniche, politiche e religiose, nonché società cooperative costituite ai sensi dell’articolo 2511 del Codice civile, che abbiano per oggetto sociale la realizzazione di un servizio di radiodiffusione sonora a carattere culturale, etnico, politico e religioso, e che prevedano nello statuto le clausole di cui alle lettere a), b), e c), dell’articolo 26 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, ratificato, con modificazioni, della legge 2 aprile 1951, n. 302. La relativa concessione è rilasciata senza obbligo di cauzione, sia in ambito nazionale che locale, ai soggetti predetti i quali si obblighino a trasmettere programmi originali autoprodotti che hanno riferimento alle istanze indicate per almeno il 50 per cento dell’orario di trasmissione giornaliero-compreso tra le ore 7 e le ore 21. Non sono considerate programmi originali autoprodotti le trasmissioni di brani musicali intervallate da messaggi pubblicitari e da brevi commenti del conduttore della stessa trasmissione, così come indicato nel regolamento di cui all’articolo 36”.

K) Organizzazione e gestione di attività turistiche di interesse sociale, culturale o religioso.

Valgono qui le medesime considerazioni effettuate nell’ambito dell’analisi dell’attività di cui alla precedente lettera I. Difatti, considerata l’assenza di criteri orientativi di massima sul concetto di “interesse sociale”, sarà anche in questo caso l’opera interpretativa a giocare un ruolo essenziale per la delimitazione del perimetro oggettivo delle attività consentite, anche sulla scorta dell’esperienza maturata in passato.

Merita particolare attenzione, soprattutto per il nostro mondo Ecclesiale, il riconoscimento delle attività turistiche di interesse religioso fra quelle di interesse generale.

Si segnala che la normativa in tema di turismo religioso è assai vasta: a livello nazionale questo tipo di attività trova disciplina sia nella Legge quadro per il turismo e interventi per il potenziamento e la qualificazione dell’offerta turistica (Legge 17 maggio 1983, n. 217), sia nel più recente Codice del Turismo (D.lgs. 23 maggio 2011, n. 79 e ss. mm.). Peraltro, la normativa statale ha specificamente conferito potere alle singole regioni di emanare leggi che regolamentino più nel dettaglio questa materia.

L) Formazione extra-scolastica, finalizzata alla prevenzione della dispersione scolastica e al successo scolastico e formativo, alla prevenzione del bullismo e al contrasto della povertà educativa.

Si segnala che il richiamo a questi determinati ambiti della formazione extra-scolastica è importante, in quanto conferma la preminente finalità sociale degli interventi.

M) Servizi strumentali ad Enti del Terzo Settore resi da Enti composti in misura non inferiore al 70% da Enti del Terzo Settore.

Anche questa norma potrebbe porre delicati dubbi interpretativi, in quanto non vengono specificati quali tipi di “servizi strumentali” rientrano nella presente lettera M. Difatti, in assenza di una limitazione espressa, qualsivoglia servizio, purché strumentale, potrebbe essere ricompreso fra le attività considerate per legge di interesse generale.

N) Cooperazione allo sviluppo ai sensi della Legge n. 125 del 2014.

Si segnala che la Legge n. 125 del 2014 considera la cooperazione allo sviluppo come parte integrante e qualificante della politica estera dell’Italia.

Con questa espressione si intendono a livello normativo tutte quelle azioni umanitarie svolte in base alle strategie internazionali definite dalle Nazioni Unite, dalle altre organizzazioni internazionali e dall’Unione  europea, e che siano mirate: “a) sradicare la povertà e ridurre le disuguaglianze, migliorare le condizioni di vita delle popolazioni e promuovere uno sviluppo sostenibile; b) tutelare e affermare i diritti umani, la dignità dell’individuo, l’uguaglianza di genere, le pari opportunità e i principi di democrazia e dello Stato di diritto; c) prevenire i conflitti, sostenere i processi di  pacificazione, di riconciliazione, di stabilizzazione post-conflitto, di consolidamento e rafforzamento delle istituzioni democratiche”.

Le attività possono essere rivolte nei confronti delle popolazioni, delle organizzazioni e delle associazioni civili, a favore del settore privato, delle istituzioni nazionali ovvero delle amministrazioni locali dei Paesi partner, da individuarsi in coerenza con i principi condivisi nell’ambito dell’Unione europea e delle organizzazioni internazionali di cui l’Italia è parte, secondo criteri di “imparzialità, neutralità e non  discriminazione”, nonché mirando a fornire “assistenza, soccorso e protezione favorendo le popolazioni di Paesi in via di sviluppo, vittime di catastrofi”.

O) Commercio c.d. Equo-solidale.

Il legislatore, sotto questo profilo, identifica come di interesse generale le attività commerciali, produttive, di educazione e informazione, di promozione, di rappresentanza, di concessione in licenza di marchi di certificazione, svolte nell’ambito o a favore di filiere del commercio equo e solidale, da intendersi come un rapporto commerciale con un produttore operante in un’area economica svantaggiata, situata, di norma, in un Paese in via di sviluppo, sulla base di un accordo di lunga durata  finalizzato  a  promuovere l’accesso del produttore al mercato e che preveda il pagamento di  un prezzo equo, misure di sviluppo in favore del produttore e l’obbligo del produttore di garantire condizioni di lavoro sicure, nel rispetto delle normative nazionali ed internazionali, in modo da permettere ai lavoratori  di  condurre un’esistenza libera e dignitosa, e di rispettare i diritti sindacali, nonché di impegnarsi per il contrasto del lavoro infantile.

Così operando, si ricomprende espressamente fra le attività di interesse generale quelle inerenti al c.d. commercio Equo-solidale (purché ovviamente si rispettino tutti gli altri obblighi imposti dal CTS), del quale si cerca (per la prima volta) di fornire una definizione normativa.

Nel prossimo approfondimento verranno analizzate le attività di interesse generale contemplate all’art. 5, lett. da P a V.