La Legge Delega n. 106 del 2016 per la riforma del Terzo Settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale, prevedeva all’art. 4, comma 1, lett. b, che il legislatore delegato, mediante l’emanazione del Codice del Terzo Settore (CTS) avrebbe dovuto individuare tutte le attività di interesse generale caratterizzanti – dal punto di vista oggettivo – gli Enti del Terzo Settore (ETS).
Questa previsione è di estrema importanza in quanto lo svolgimento di una o più attività di interesse generale da parte degli Enti operanti nel terzo settore costituisce uno fra i requisiti indispensabili per accedere alla disciplina contenuta nel CTS.
È stato altresì previsto nella Legge Delega che siffatte attività di interesse generale avrebbero dovuto individuarsi secondo criteri che tengano conto delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale che il Terzo Settore persegue, fermi restando i settori di attività già previsti dalla pregressa normativa speciale (ad esempio, si pensi all’elenco delle attività meritevoli contemplate all’art. 10, d.lgs. n. 460 del 1997 sulle ONLUS).
Il presente approfondimento, dunque, costituisce la prima parte della disamina del corposo elenco delle attività di interesse generale fornito dal CTS all’art. 5, comma 1.
L’elenco delle attività di interesse generale di cui all’art. 5 CTS (lettere A-G)
Il CTS, in armonia nonché in attuazione di quanto previsto a suo tempo dalla Legge Delega, fornisce all’art. 5 un corposo elenco delle varie attività di interesse generale che gli ETS debbono esercitare in via esclusiva o principale.
Dunque, saranno oggetto di trattazione in questo approfondimento le seguenti attività, contemplate dalle lettere che vanno dalla A alla G.
A) Interventi e servizi sociali ai sensi dell’articolo 1, commi 1 e 2, della Legge n. 328 del 2000, nonché interventi, servizi e prestazioni di cui alla Legge n. 104 del 1992, ed alla Legge n. 112 del 2016.
In particolare, con il riferimento esplicito agli “interventi e servizi sanitari”, sembra ragionevole ritenere che il Legislatore abbia richiamato la definizione già fornita sul punto dall’art. 128 del d.lgs. n. 112 del 1998, secondo cui esse consistono in tutte quelle attività relative alla “predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti ed a pagamento, o di prestazioni economiche, destinate a rimuovere e superare le situazioni di bisogno e di difficoltà che la persona umana incontra nel corso della sua vita, escluse soltanto quelle assicurate dal sistema previdenziale e sanitario, e di amministrazione della giustizia”.
D’altronde, queste attività tendono a garantire, in coerenza con gli articoli 2, 3 e 38 della Costituzione, la qualità della vita delle persone e le loro pari opportunità, nonché ad attuare i diritti di cittadinanza, prevenendo, eliminando o riducendo conseguentemente le condizioni di discriminazione, di disabilità, di bisogno e di disagio individuale e familiare, che potrebbero ad esempio derivare dall’inadeguatezza del reddito percepito, o da altre difficoltà sociali (si pensi alla condizione di non autonomia).
Questa lettura sembra essere confermata dagli ulteriori rinvii che il CTS effettua agli interventi, servizi e prestazioni di cui alla Legge n. 104 del 1992, inerente alla materia dell’assistenza, dell’integrazione sociale e dei diritti delle persone portatrici di handicap, nonché della Legge n. 112 del 2016 in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare.
B)Interventi e prestazioni sanitarie.
Merita rilievo il fatto che non siano stati previsti particolari limiti all’esercizio di questa attività, considerata di interesse generale; dunque, potrebbe ragionevolmente essere ipotizzato che gli interventi e le prestazioni sanitarie possano riguardare anche quei servizi che non sono attualmente garantiti dallo Stato.
Ciò, peraltro, potrebbe aprire le porte allo svolgimento di una miriade di prestazioni, come ad esempio la chirurgia estetica non conseguente ad incidenti, l’ambito delle malattie o malformazioni congenite, la circoncisione rituale maschile, le cure diverse rispetto alla medicina tradizionale (agopuntura, fitoterapia, omeopatia, chiropratica, osteopatia), le varie vaccinazioni non obbligatorie in occasione di soggiorni all’estero, le certificazioni mediche di idoneità (alla pratica sportiva agonistica e non, salvo quelle rilasciate dal medico di famiglia per manifestazioni in ambito scolastico; al servizio civile; alla guida, al porto d’armi; all’impiego), o le prestazioni di medicina fisica riabilitativa ambulatoriale.
C)Prestazioni socio-sanitarie disciplinate dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 14 febbraio 2001 (in G.U. n. 129 del 6 giugno 2001).
Nello specifico, l’art. 3 del suddetto decreto si occupa di elencare una serie di attività che rientrano nel concetto di prestazione socio-sanitaria, dividendo fra:
– prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, consistenti nella promozione della salute, nonché dirette alla prevenzione, individuazione, rimozione e contenimento di esiti degenerativi o invalidanti di patologie congenite o acquisite, con la finalità di contribuire, tenuto conto delle componenti ambientali, alla partecipazione alla vita sociale ed alla espressione personale delle persone che ne siano affette;
– prestazioni sociali a rilevanza sanitaria, che hanno l’obiettivo di supportare la persona in stato di bisogno o con problemi di disabilità ed emarginazione, affinché possa essere superato il loro condizionamento dello stato di salute, educazione, istruzione e formazione professionale (si pensi, fra gli altri, agli interventi a favore dell’infanzia e dell’adolescenza; agli interventi domiciliari di sostegno a persone non autosufficienti, ovvero agli aiuti resi in apposite strutture alberghiere di ospitalità; agli interventi finalizzati al contrasto della povertà dei soggetti impossibilitati a percepire reddito; agli interventi residuali, anche di natura economica, atti a favorire l’inserimento sociale di soggetti affetti da disabilità, patologie psicofisiche, o dipendenze);
– prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria, le quali sono caratterizzate da particolare rilevanza terapeutica ed attengono prevalentemente a determinate macro-aree tipizzate nel suddetto decreto (area materno-infantile; anziani; handicap; patologie psichiatriche e dipendenze da droga, alcool e farmaci; patologie per infezioni da H.I.V.; patologie terminali; inabilità o disabilità conseguenti a patologie cronico-degenerative).
D) Attività culturali di interesse sociale con finalità educativa, fra le quali sono state espressamente ricomprese quelle disciplinate mediante Legge n. 53 del 2003 recante “Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale”.
E) Interventi e servizi finalizzati volti alla salvaguardia ed al miglioramento delle condizioni dell’ambiente e all’utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali, con esclusione dell’attività, esercitata abitualmente, di raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi.
Si tratta, in sostanza, del delicato settore inerente la salvaguardia dell’ambiente e l’utilizzo accorto delle risorse naturali.
Ad ogni modo, vengono espressamente esclusi dall’applicazione della normativa di vantaggio prevista nel CTS tutti quegli Enti che, abitualmente e dunque “di mestiere”, si occupano di raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi.
Va segnalato a tal proposito che in seguito all’emanazione del D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105 (in G.U. n.210 del 10 settembre 2018), correttivo del CTS, sono state considerate attività di interesse generale anche quelle rivolte alla tutela degli animali e prevenzione del randagismo, ai sensi della legge 14 agosto 1991, n. 281.
F)Interventi di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e del paesaggio ai sensi del D.lgs. n. 42 del 2004.
Il riferimento è alla disciplina contenuta nel c.d. Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, al quale si rimanda sia per l’individuazione delle varie attività di tutela (art. 3) e valorizzazione (art. 6) ivi previste, sia per l’identificazione dell’oggetto su cui insistono tali attività, ovvero i “beni culturali” (artt.10-130) ed il “paesaggio” (artt. 131-159).
G) Formazione universitaria e post-universitaria.
Merita particolare attenzione la genericità di questa previsione, stando alla quale potrebbe considerarsi di interesse generale ogni attività esplicativa del concetto di formazione (a mero titolo esemplificativo, seminari, convegni, conferenze, laboratori, dibattiti, corsi, master, workshop).
Nel prossimo approfondimento verranno analizzate le attività di interesse generale contemplate all’art. 5, lett. da H ad O.